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mercoledì 12 novembre 2014

Gaetano Montesanto. Il partigiano ucciso dai nazifascisti a Rivoli: "Tra gli eroi questo eroe"

di Pietro Simone Canale

Gaetano Montesanto nacque a Casteldaccia il 2 dicembre 1922 in una famiglia contadina. Svolse il servizio militare a Casale Monferrato presso un Reggimento di Artiglieria Pesante Campale.
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale fu inviato con il proprio Reggimento a combattere in Russia. Riuscì a sopravvivere alla disfatta delle nostre truppe e, con i piedi in parte congelati, ritornò in Italia nell’inverno tra il ’42 ed il ’43. Venne prima ricoverato in un ospedale, non meglio identificato, ai confini con la ex-Jugoslavia. Successivamente venne inviato in convalescenza in Sicilia per un breve tempo.
Ritornato in Piemonte all’inizio di settembre del 1943 per ricongiungersi al proprio Reggimento, si trovò più il proprio reparto. Il collasso del regime fascista nel luglio del 1943 e l'armistizio dell'8 settembre dello stesso anno aveva causato la rotta dell'esercito e la divisione dell'Italia in due. Al sud il Regno d'Italia con il governo retto dal maresciallo Pietro Badoglio e al nord la Repubblica sociale italiana di Salò, guidata da Mussolini con l'ausilio dell'esercito tedesco.
Iniziò quindi una vera e propria persecuzione da parte dell'esercito tedesco nei confronti dei soldati italiani. «In alcuni casi il rifiuto opposto dai militari all'intimazione di resa provocò massacri efferati, come avvenne alla divisione Acqui a Cefalonia, interamente sterminata. In patria i più fortunati si dettero alla macchia e tentarono di raggiungere le loro case, aiutati dalla popolazione che li nascondeva, li forniva di abiti civili e li sfamava».[1] Gaetano Montesanto riuscì, con abiti civili, a rifugiarsi presso una famiglia di Val della Torre.
«Nell'autunno-inverno 1943 nacquero formazioni partigiane ispirate ai partiti antifascisti (liberale, democratico cristiano, socialista, azionista, comunista), le quali trovarono nel Comitato di liberazione nazionale (Cln) il loro punto di raccordo e di direzione. Per quanto vi fossero formazioni autonome e monarchiche, le più importanti furono quelle organizzate dai partiti di sinistra, in virtù della radicalizzazione sociale che si accompagnò alla lotta. Un così ampio arco di forze aspirava a rappresentare l'unità della nazione e a rifondare un nuovo principio dell'identità italiana, democratico e depurato degli eccessi nazionalistici. [...] La Resistenza si svolse nella sezione centro-settentrionale del paese, dove i tedeschi riuscirono a stabilizzare le loro linee di difesa. Qui i partigiani consolidarono le loro formazioni militari».[2]
Gaetano Montesanto, rifugiatosi presso una famiglia di Val della Torre, prese contatto con le prime formazioni partigiane ed entrò a far parte della Colonna Lera del Gruppo Operativo Mobile di Giustizia e Libertà. Venne catturato nel gennaio del 1945, o molto più probabilmente il 22 febbraio dello stesso anno, in seguito a un rastrellamento ad opera dei fascisti della divisione “Littorio”, appoggiati da un reparto tedesco, dopo l'attentato alla ferrovia che collegava Torino, importante nodo industriale bellico, con la Francia. Venne quindi inviato alle Casermette di Rivoli, dove fu fucilato il 25 febbraio 1945 assieme a Galliano Rocco, Leone Carlo e Paracca Antonio.
Il Comando Tedesco da notizia dell’avvenuta fucilazione con un comunicato in cui motivavano l’esecuzione per rappresaglia contro i partigiani che hanno minato e fatto saltare un pezzo di ferrovia tra Alpignano e Avigliana nella notte del 22 febbraio.


Questa ricostruzione è stata possibile grazie all'opuscolo Sale della Memoria. Caserma Mario Ceccaroni - Rivoli. Un sentito grazie va ad Alberto Farina, che mantiene viva la memoria dei partigiani e del nostro concittadino.

Di seguito è riportata l'intervista fatta nel 2011 da Carmela Zangara all'omonimo nipote di Gaetano Montesanto:
Gaetano Montesanto nato e residente a Casteldaccia, partigiano della Divisione Gruppo Operativo Mobile Giustizia e Libertà Colonna Lera, cadde a Rivoli (TO) per fucilazione il 25-02-1945.
Il partigiano era mio zio, fratello di mio padre. Io mi chiamo Gaetano per lui perché avrei dovuto chiamarmi Andrea come mio padre, ma la legge fascista proibiva di portare lo stesso nome del genitore e allora mio padre decise di darmi il nome del fratello caduto. Sono le parole di Montesanto Gaetano di Casteldaccia, nipote del partigiano.
Quando lui è morto io non ero ancora nato, so quello che ho sentito dire. Allora è successo la sbandamento... Lui era militare dell'esercito regolare, nell'artiglieria. Dapprima è stato militare in Russia. Dopo quando successe la babilonia in Russia che quasi tutti morirono, lui riuscì a tornare anche se gli si erano congelati i piedi. Per questo motivo era stato a lungo in ospedale ma era rimasto zoppo. Tornò in convalescenza.
Poi successe la babilonia pure in Italia e lui andò coi partigiani non perché lo era ma per salvare la pelle. Invece... Le cose andarono diversamente. Quando finì la licenza di convalescenza volle tornare al suo Reggimento non so se a Cuneo o Torino, comunque in Piemonte... Ma non trovò più nessuno. Era il periodo che erano sbarcati gli Americani e poiché gli Italiani avevano fatto il tradimento... e c'era la Repubblica di Salò, andò a finire si salvi chi può. In Piemonte c'era il putiferio...
La parole rimangono sospese dentro un singhiozzo trattenuto. L'uomo piange.
Lui sbandò e fu preso prigioniero dai Tedeschi. Siccome era un poco zoppo, non andava in montagna, rimaneva a valle dove c'erano continue incursioni di Tedeschi. Durante una di queste, fu preso e imprigionato. Poi ci fu una decimazione e lui fu uno dei dieci fucilati.
Al cimitero di Rivoli c'è una lapide con scritto: "Tra gli eroi questi eroi" e insieme agli altri anche il suo nome con la foto e la scritta: Montesanto Gaetano fu Andrea. La madre si chiamava Guzzo Anna.
Anche a Casteldaccia sulla lapide ai Caduti c'è il suo nome.[3]

La bibliografia sulla Resistenza italiana e sui partigiani è sterminata. Rimando a questi pochi testi per ulteriori ricerche. Riferimenti bibliografici: R. Battaglia, Storia della Resistenza italiana, Torino, Einaudi, 1996; G. Bocca, Storia dell'Italia partigiana. Settembre 1943 - maggio 1945, Roma-Bari, Laterza, 1975; G. Crainz, L'ombra della guerra. 1945. l'Italia, Roma, Donzelli, 2007; Dai Fasci siciliani alla Resistenza, a cura di Angelo Ficarra, Palermo, Istituto Poligrafico Europeo, 2014; Lettere di condannati a morte della Resistenza Italiana (8 settembre 1943 - 25 aprile 1945), a cura di Piero Malvezzi e Giovanni Pirelli, Torino, Einaudi, 1952; R. Mangiameli, La seconda guerra mondiale, in Storia contemporanea, Roma, Donzelli, 1997; C. Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, Milano, Bollati Boringheri, 1994; l; G. E. Rusconi, Resistenza e postfascismo, Bologna, Il Mulino, 1995; C. Zangara, Per liberar l'Italia... I Siciliani nella Resistenza (1943-1945), prefazione di Rosario Mangiameli, Licata, Associazione Culturale "Ignazio Spina"-La Vedetta Editrice, 2011.

Link correlati:


[1] R. Mangiameli, La seconda guerra mondiale, in Storia contemporanea, Roma, Donzelli, 1997, p. 446.

[2] Ivi, pp. 447-8

[3] C. Zangara, Per liberar l'Italia... I Siciliani nella Resistenza (1943-1945), prefazione di Rosario Mangiameli, Licata, Associazione Culturale "Ignazio Spina"-La Vedetta Editrice, 2011, pp. 61-62.



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