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Progetto

La storia si fa con i documenti scritti, certamente. Quando esistono. Ma la si può fare, la si deve fare senza documenti scritti se non ce ne sono. Con tutto ciò che l’ingegnosità dello storico gli consente di utilizzare per produrre il suo miele se gli mancano i fiori consueti. Quindi con delle parole. Dei segni. Dei paesaggi e delle tegole. Con le forme del campo e delle erbacce. Con le eclissi di luna e gli attacchi dei cavalli da tiro. Con le perizie su pietre fatte dai geologi e con le analisi dei metalli fatte dai chimici. Insomma, con tutto ciò che, appartenendo all’uomo, dipende dall’uomo, serve all’uomo, esprime l’uomo, dimostra la presenza, l’attività, i gusti e i modi di essere dell’uomo. Forse che tutta una parte, e la più affascinante, del nostro lavoro di storici non consiste proprio nello sforzo continuo di far parlare le cose mute, di far dir loro ciò che da sole non dicono sugli uomini, sulle società che le hanno prodotte, e di costituire finalmente quella vasta rete di solidarietà e di aiuto reciproco che supplisce alla mancanza del documento scritto.[1]

CasteldacciaPuntoDoc è un blog che vuole fare memoria su Casteldaccia: una memoria che sia basata sui documenti, nel senso più ampio possibile. I documenti bisogna cercarli. E il nostro obiettivo è proprio questo: cercare documenti su Casteldaccia, farne memoria e condividerli.
Prima di essere un blog, CasteldacciaPuntoDoc è un'idea. L'idea che sia necessario recuperare le pagine della storia casteldaccese, anche e soprattutto quelle meno belle, privilegiando la fonte d'archivio - quando è possibile -, la carta stampata, i contributi di memoria finora pubblicati e le testimonianze orali.
Casteldaccia - come la nazione intera, del resto - è purtroppo un paese senza memoria, o dalla memoria corta, cortissima. Nella selezione della memoria i fatti traumatici sono spesso rimossi o messi in un angolo, e questo - a nostro parere - è un fattore disgregante per una comunità che, in questo modo, non ha occasioni di fare autocoscienza, imparare dai propri errori e in definitiva crescere e migliorarsi. La comunità - in questo caso un paese della provincia palermitana di circa 10 mila abitanti - deve fare i conti con il proprio passato, ricordarlo, rispettarlo e tramandarlo alle nuove generazioni, se vuole pensare di continuare a essere comunità nel futuro. Deve avere però anche la possibilità di fare i conti con il proprio passato. Non bastano i ricordi, le foto, l'entusiasmo per le tradizioni ritrovate. Sono necessari anche lo studio, la ricerca paziente e la polvere degli archivi. Questo diventa un problema se si pretende di fare ricerca storica su Casteldaccia, in quelle che dovrebbero essere le sedi predisposte: l'Archivio Storico Comunale e la Biblioteca Comunale (senza dimenticare l'Archivio Parrocchiale). L'aspirante o novello storico che volesse scrivere una storia di Casteldaccia resterebbe molto deluso: troverebbe ben poco (se non niente) dei 160 anni di storia amministrativa di Casteldaccia. Inoltre, la Biblioteca Comunale è chiusa già da qualche anno e anche volendo non è fornita nemmeno una copia dell'imprescindibile libro sulla storia di Casteldaccia di Padre Russo (R. Russo, Casteldaccia nella storia della Sicilia. Memorie di ieri, Palermo, Arti grafiche Battaglia, 1961).
Tuttavia non bisogna disperare, si può fare storia per altre vie, che sono più lunghe, ma che forse possono rivelarsi molto più fruttuose: per fortuna ci sono gli archivi di stato, gli archivi notarili, gli archivi delle grandi famiglie nobiliari siciliane (si pensi agli Alliata, per esempio), gli archivi diocesani e tanti altri ancora. Ma ci sono ancora i tribunali, i quotidiani, senza dimenticare i cittadini con le loro produzioni documentarie.
Lo abbiamo già detto, che il nostro obiettivo è fare memoria. Il modo migliore - riteniamo - è raccogliere i documenti su Casteldaccia e la produzione documentaria casteldaccese, partendo proprio dalle riviste e dai giornali pubblicati negli anni passati, ma anche altri documenti di fondamentale valore storico, civile e sociale. I documenti ci permettono quindi di approfondire temi e storie casteldaccesi. Per questo motivo troverete nel blog una sezione dedicata alla lettura e alla condivisione di giornali e riviste pubblicati a Casteldaccia, di documenti d'archivio finora recuperati; una all'approfondimento storico; una alle risorse bibliografiche e web; una alla rassegna stampa bimestrale per le notizie più rilevanti su Casteldaccia e comprensorio.
Vogliamo fare memoria superando l'istituzione (o meglio adattandoci alla mancanza dell'istituzione), cercando da noi le informazioni e i mezzi, in attesa che qualcosa cambi.

Già da qualche mese è online la pagina facebook Casteldaccia: "come eravamo", che in pochi mesi ha raccolto una quantità considerevole di foto della vita casteldaccese presente e passata, e che è frutto della collaborazione e della condivisione volontaria e spontanea dei cittadini. Ci fa ben sperare il fatto che in questo periodo nascano contemporaneamente diverse iniziative che si prefiggono lo scopo comune di salvaguardare e nello stesso tempo arricchire la memoria, con metodi in parte diversi ma a nostro avviso complementari.
L'attività spontanea è al momento la forma migliore di azione, se pensiamo che per dedicare una piazza ad Andrea Raia, comunista ucciso dalla mafia nel 1944, ci sono voluti quasi sessant'anni, e per prendere coscienza della "marcia antimafia" del 26 febbraio 1983, ce ne sono voluti trenta.

CasteldacciaPuntoDoc è un progetto senza fini di lucro, che non si pone in nessun modo come un revival nostalgico di tempi che furono: gli ideatori di questo blog sono desiderosi di conoscere, di fare ordine e di pungere (laddove necessario) nella coscienza cittadina.
Ogni collaborazione, ogni contributo, ogni suggerimento, ogni critica è bene accetta. Tutto quello che è pubblicato sul blog è di libero accesso, consultazione e fruizione.
Ci piace concludere questa nostra presentazione-manifesto riadattando, all'esigenza una frase, di Franco Venturi, storico italiano del XX secolo, dicendo che questo blog «risponde ad un bisogno fondamentale: che cosa trasmettere, che cosa consegnare alle nuove generazioni della passata esperienza civile, affinché siano posti a contatto i giovani con tutta la civiltà vissuta e ereditata dagli antichi».[2]

Piero Canale e Nino Fricano




[1] Lucien Febvre, Vers une autre histoire, in Combat pour l’histoire, Paris, Colin, 1953, p. 428. Traduzione del brano in
Jacques Le Goff, Storia e memoria, Torino, Einaudi, 1982, p. 447.
[2] F. Venturi, Settecento riformatore. Da Muratori a Beccaria, Torino, Giulio Einaudi editore, 1968, p. 291.